Calo uditivo e decadimento cognitivo

Calo uditivo e decadimento cognitivo, qual è la correlazione? Chi ignora l’ipoacusia aumenta il rischio di sviluppare demenza e chi ha un deficit cognitivo quasi sempre non sente bene.

C’È UNA CORRELAZIONE TRA CALO UDITIVO E DECADIMENTO COGNITIVO?

Tra le orecchie e il cervello c’è un legame molto più stretto di quanto pensiamo e mantenere questo legame solido e ben funzionante è fondamentale per la nostra salute e il nostro benessere fisico e mentale. Sentire bene è indispensabile per mantenere giovane il cervello. Infatti, coloro che hanno un difetto di udito e lo trascurano, hanno molte più probabilità di soffrire di demenza, con gravi conseguenze sia per la propria qualità della vita, sia per le tasche del sistema sanitario nazionale.

Un deficit moderato dell’udito può infatti triplicare il rischio di sviluppare una forma di demenza, e gli anziani con una forma significativa di ipoacusia hanno il 24% di probabilità in più di compromettere le proprie abilità cognitive. Secondo gli esperti, il legame tra udito e problemi cognitivi potrebbe permettere di prevedere, con anticipo, la formazione delle lesioni cognitive, in modo da intervenire tempestivamente su demenza e Alzheimer.

“L’opinione comune – spiega Frank Lin, della Johns Hopkins University di Baltimora – è che la perdita di udito sia una semplice conseguenza dell’invecchiamento. In realtà gli studi più recenti mostrano come l’ipoacusia possa influire sulla buona salute del cervello. Si ipotizza che un trattamento efficace dei disturbi dell’udito aiuti a prevenire il declino cognitivo”.

Secondo Lin l’ipoacusia contribuisce in 4 modi diversi al decadimento cognitivo.

  1. L’ipotesi più ovvia – continua Lin – è l’esistenza di un processo fisiologico che contribuisce all’ipoacusia e al declino cognitivo.
  2. Un’altra possibilità è legata allo stress esercitato sul cervello dallo sforzo di comprensione dovuto dal deficit uditivo.
  3. La terza ipotesi considera che la perdita di udito modifichi la struttura del cervello, contribuendo ai problemi cognitivi.
  4. Infine, sembra possibile che l’isolamento sociale causato dall’ipoacusia giochi un ruolo nel favorire lo sviluppo di questi disturbi.

“Il deficit uditivo può ridurre, anche di oltre il 30%, l’efficienza di altre abilità cognitive aumentando il rischio di una precoce compromissione di funzioni come l’attenzione e la memoria. Un calo dell’udito è associato a un aumento di oltre 3 volte la probabilità di sviluppare una forma di demenza, mentre in 3 pazienti con un deficit cognitivo su 4 si registra anche un disturbo dell’udito.”

LE PERSONE CON PROBLEMI DI UDITO SONO IN AUMENTO

Si stima che in Europa oggi vivano oltre 90 milioni di ipoacusici. Sono persone che non hanno perso l’udito, ma iniziano ad avere difficoltà ad afferrare i suoni e smarriscono così piano piano il contatto con gli altri. Il loro numero è in continua crescita, visto l’alto indice di longevità, ma non tutti fanno ricorso alle protesi acustiche. Pregiudizi, pigrizia e motivazioni sociali ed economiche, fanno sì che ci sia ancora scarsa sensibilità verso le ipoacusie. Eppure il problema esiste, perché numerose ricerche dimostrano che rispetto ai normoudenti, gli individui affetti da ipoacusia lieve, media e grave, hanno rispettivamente 2, 3 e 5 volte un rischio più alto di sviluppare deficit cognitivi.

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